Il nuovo Zidane. Chelsea e Milan pronti a stracciarsi le vesti per lui. Osservatori da tutte le parti d’Europa e paragoni che si sprecano. Poi improvvisamente il buio, causato da infortuni continui e un’involuzione tecnica. È la storia di Paulo Enrique detto Ganso.
Facciamo un passo indietro e torniamo all’estate 2011. Si gioca la Coppa America in Argentina. Ma gli occhi di tutti non sono puntati sulla celeste di Messi e Aguero. Il mirino è dritto verso i rivali storici: il Brasile di Neymar e di Ganso, per l’appunto. Quel torneo non andò particolarmente bene per la seleccao, eliminata ai calci di rigore contro il Paraguay. L’attenzione, però, era massima nei riguardi del trequartista verdeoro. Il Milan in quel momento era forte su di lui. I tifosi rossoneri impazzivano per le giocate mostrate in televisione. Un calciatore elegante e sopraffino. Un sinistro in grado di calciare la palla in qualsiasi modo. Un assistman clamoroso, la naturalezza del suo stile di gioco aveva impressionato un po’ tutti.
Quella Coppa America aveva mostrato però i primi dubbi, innanzitutto sulla sua presunta integrità fisica. Un intervento e svariati problemi al ginocchio avevano destato dei sospetti, alimentati anche da perplessità tecniche. Molti lo consideravano un giocatore troppo lento e compassato per i ritmi europei. E infatti in Europa non ci è mai arrivato.
Da quel momento in poi lo abbiamo perso di vista. Nel mezzo prestazioni sotto tono e bordate di fischi dei tifosi del Santos. Schiacciato dal dualismo interno con Neymar e tormentato dagli infortuni ha deciso di cambiare aria. Si perchè, non in molti lo sanno, ma adesso Ganso gioca nel San Paolo. Si è trasferito nel 2012 per la cifra di 9 milioni, quindi anni luce lontani dai 35 milioni richiesti qualche mese prima dal Santos. Cinque presenze e un gol. Un bottino davvero poco edificante per chi doveva essere il nuovo Zidane. Ganso è un classe 89, quindi di strada ne ha ancora davanti a sè. L’impressione, però, è che gli manchi la personalità per giocare ad alti livelli. Lo ha dimostrato quando era il momento di fare il salto di qualità definitivo e non ci è riuscito. In Brasile ancora lo aspettano, sperando che i fischi e gli insulti dei tifosi del Santos possano trasformarsi in cori di incitamento durante i prossimi mondiali.