Doppi passi, dribbling, tiri ad effetto e soprattutto la trivela: un cross effettutato con l’esterno del piede destro. Una parabola indecifrabile, per alcuni geniale, per altri perfettamente innocua ed inutile. Con queste credenziali e con la referenza di essere il nuovo Cristiano Ronaldo, si presenta all’Inter Ricardo Quaresma.
Un calciatore esaltante. I numeri messi in mostra al Porto sono per pochi eletti. La sua giovane età (25 anni quando arrivò al Milano) lo rende un prospetto ancora più intrigante. I tifosi nerazzurri sognano un attacco spumeggiante, composto dal Trivela, Mancini (questa sarà un’altra storia da raccontare) e Zlatan Ibrahimoc. Ecco non andò esattamente come tutti si aspettavano. Il 4-3-3 di impronta mourinhana si rivelò un bleff. Lo Special One si rese conto di aver preso un grosso abbaglio nell’aver costretto Branca e Moratti a portargli Quaresma. Anche il 4-3-3 fu ben presto abbandonato in nome di un più ortodosso 4-3-1-2.
E poi c’è la storia triste di un ragazzo arrivato con gli onori di un campione ed andato via deriso da tutti. Quella maledetta trivela sarà una condanna per lui. Da giocata illuminante ad oggetto di denigrazione e satira. La sua permanenza all’Inter durerà due anni con nel mezzo un’esperienza al Chelsea, anch’essa poco fortunata.
La società nerazzurra, dopo averlo pagato 18,6 milioni più il cartellino di Pelè (non quello che pensate voi), lo cede per 7,3 milioni di euro al Besiktas. In Turchia ritrova sè stesso e, seppur in un campionato minore, si rivedono sprazzi del vecchio-giovane Quaresma. Poi però l’episodio che probabilmente segnerà la sua carriera.
Venuto a sapere del furto subito dalla madre ad opera di una ragazza “rom”, la insegue e tenta di aggredirla. Fermato da un poliziotto, riversa la sua rabbia sull’agente. Da qui l’arresto per aggressione a pubblico ufficiale, l’esclusione fuori dalla rosa da parte del Besiktas e la fine di una giovane promessa. Adesso Quaresma gioca nell’Al-Alhi Club di Dubai. Sicuramente percepirà un ricco stipendio e potrà condurre quella vita disinibita che in Italia non gli era concesso fare. Non dimenticheremo mai la sua Trivela, in fondo anche i tifosi dell’Inter lo possono ricordare con ironia. Lui il triplete lo ha vissuto, è stato meno protagonista di Arnautovic, ma c’era. E forse rimpiange quei momenti dove il campo era un’utopia e i trofei piovevano dal cielo come se niente fosse.