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La confessione di Erik Zabel: ho fatto uso di epo e tanto altro…

Ormai va di moda nel mondo del ciclismo confessare le proprie colpe dopo anni di distanza. Come se ci si volesse lavare la coscienza, moltissimi corridori hanno ammesso di aver fatto uso di sostanze dopanti. La confessione di Lance Armstrong ha letteralmente shockato l’ambiente ciclistico, gettando il mondo delle due ruote in un baratro di sospetti ed accuse. Ha fatto lo stesso anche Jan Ullrich e altri atleti protagonisti tra gli anni 90 e 2000.

zabelL’ultimo della lista è il velocista tedesco Erik Zabel. In un’intervista al Suddeutsche Zeitung ha parlato del suo passato da corridore e del suo rapporto con il doping: “Ho fatto uso di Epo, cortisone e tanto altro. Al Tour del 2003 ho anche effettuato una trasfusione ematica prima di cominciare la corsa”. Una confessione completa quella dell’ex atleta della T-Mobile. Zabel ha dichiarato di aver fatto uso di sostanze dopanti del 1996 al 2003. In carriera il tedesco ha ottenuto risultati eccezionali come la maglia verde al Tour de France per 6 anni consecutivi dal ’96 al 2001 o le quattro vittorie alla Milano Sanremo.

“L’ho fatto per non perdere il mio sogno di diventare un ciclista professionista”. Un sogno che evidentemente era di cristallo e che si è rotto inesorabilmente in questi giorni. Il corridore tedesco è stato spinto a rilasciare queste dichiarazioni dalla presenza del suo nome nell’elenco redatto dalla Commissione d’inchiesta del senato francese. Lui come Pantani, Ullrich e Julich risulta, infatti, nella lista dei corridori positivi al Tour del ’98. Una positività riscontrata dopo anni di distanza grazie ai nuovi metodi di analisi delle urine.

La confessione di Zabel non è altro che l’ennesimo capitolo triste della storia recente del cislismo. Uno sport che con difficoltà riesce a gettarsi alle spalle i fantasmi del passato e fatica terribilmente ad azzerare tutto e ripartire.


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L'Autore Giuseppe Critelli

Giuseppe Critelli
Laureato in Scienze Politiche, mi piace immaginare che diventare un giornalista sportivo non sia così impossibile. Sono cresciuto con gli scatti in salita di Marco Pantani e il rovescio di Roger Federer. Ho un solo idolo: gioca nei Los Angeles Lakers e veste la casacca numero 24... Amo raccontare lo sport perchè dietro di esso c'è sempre un'emozione, un uomo e una vita da narrare.

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