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EDITORIALE – Tevez: la furia argentina della Juventus; Balotelli barone rampante rossonero

Milano, Stadio Giuseppe Meazza, 22 Settembre 2013, ore 22:00. Un luogo, una data e un istante che Mario Balotelli non dimenticherà facilmente. Nella notte di Milan – Napoli, l’attaccante del Milan e della Nazionale è stato il protagonista assoluto nel bene e nel male. Minuto 60’, Albiol stende Balotelli in area di rigore, per Banti non vi sono dubbi: calcio di rigore! Sarà Balotelli contro Reina, un copione lungo un’intera partita, che potrebbe risolversi dagli undici metri. Potrebbe, perché stavolta è il numero 45 rossonero a farsi ipnotizzare dal portiere partenopeo. Termina, dunque, l’infallibilità di Super Mario, che sinora aveva messo a segno 21 tiri dal dischetto consecutivi senza mai fallire.

Forte, rapido, testardo e inamovibile. Contro il Napoli, il barone rampante rossonero ripercorre passo dopo passo le gesta di Cosimo Piovasco di Rondò, protagonista assoluto del “Barone Rampante” di Italo Calvino.  Balotelli non vestirà indumenti ricamati personalmente, né vivrà in una capanna costruita su un albero, ma in quanto ad orgoglio ed abnegazione delle consuete norme di buona condotta all’interno del rettangolo di gioco non v’è dubbio riguardo l’analogia con il Cosimo calvinista. La parabola ricamata a due minuti dallo scadere, l’invenzione di tacco, le sportellate con Britos e Albiol per oltre novanta minuti non sono affatto sufficienti a giustificare l’espulsione rimediata a fine gare. L’ennesimo cartellino rosso di un carriera ancora agli albori.

Sul web, la pagina Facebook più irriverente del mondo dello sport, “Chiamarsi Bomber tra amici senza apparenti meriti sportivi”, non attendeva altro. “L’embolo è partito”, inteso ovviamente come uno scatto di ira nei confronti di avversari, pubblico o direttore di gara. L’ultimo o l’ennesimo cartellino rosso che dà adito a polemiche facilmente evitabili.

Per un barone rampante rossonero che non riesce a brillare nella notte di San Siro, c’è un apache in quel di Torino che continua ad affascinare il popolo bianconero. Carlos Tevez, nato e cresciuto nel Barrio Ejècrito di Los Andes, meglio noto come Fuerte Apache,  è stato strappato dalle grinfie di malavita, droga e criminalità organizzata per poter sfoggiare il suo talento all’interno dei più grandi palcoscenici del calcio moderno.  Una cattiveria ed una ferocia agonistica miste ad una tecnica fuori dal normale ed una rapidità di pensiero che a Torino non si vedevano dai tempi di Pavel Nedved. Carlos Tevez, dunque, è la nuova “furia ceca”, o argentina che si voglia, a disposizione di Antonio Conte.

Contro il Verona, l’Apache ha sfoggiato una prestazione encomiabile.  La predisposizione al sacrificio, da standing ovation i recuperi in tackle sui portatori di palla clivensi, il doppio palo colpito con un destro chirurgico e  la saetta scagliata contro Rafael, che è valsa il momentaneo 1-1 tra Juventus e Verona, rappresentano i  passaggi chiave che hanno portato il tecnico bianconero, Antonio Conte, a definire il ventinovenne argentino un giocatore fondamentale e indispensabile nell’economia tecnico-tattica della sua Juventus.


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Tevez
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L'Autore Daniele Demaio

Daniele Demaio
Laureato in Filosofia e Scienze della Comunicazione e della Conoscenza. Sto frequentando il corso di Laurea Magistrale in Teorie della Comunicazione e Comunicazione Pubblica presso l’Università della Calabria. Tempestività e programmazione sono le mie più grandi qualità. Redattore sportivo. La mia più grande passione? Il calcio!

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